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Carrello pieno e cuore vuoto: sintomi e trattamento dello shopping compulsivo


Cosa è lo shopping compulsivo?

Fare acquisti è un’attività normale nella nostra società. Anzi, è qualcosa che viene incentivato all’interno di uno stile di vita fortemente consumistico. Può quindi essere difficile riconoscere il limite tra normalità e patologia in un comportamento considerato legale. Invece lo shopping, come altri comportamenti quali il lavoro, l’assunzione di cibo, lo stare in relaziona con un’altra persona, può assumere caratteristiche proprie di una dipendenza. Vedremo in questo articolo quali sono i sintomi e il trattamento dello shopping compulsivo

Certo non viene utilizzata una sostanza illecita (come invece accade con le droghe), ma l’oggetto della dipendenza è un comportamento lecito e accettato da tutti. Le conseguenze però possono essere molto gravi, dal punto di vista personale, familiare, relazionale ed economico.

Si stima che ne soffra circa l’1-6% della popolazione, con un rapporto fra donne e uomini di 9 a 1, anche se gli uomini non ne sono del tutto immuni.  La fascia d’età più colpita va dai 25 ai 35 anni

Attualmente questo disturbo rientra, all’interno del DSM-5, tra i disturbi correlati al Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Non è ancora stato inserito all’interno delle dipendenze comportamentali, ma, nella pratica clinica, viene riconosciuto e trattato come tale.

Shopping come tentativo di colmare un vuoto

Nella nostra società stanno prendendo sempre più piede i valori basati sulla bellezza, l’esteriorità, l’immagine, sostituendosi ai precedenti modelli di pensiero legati all’impegno, al fare, al produrre. Questo ha portato ad una sempre maggiore diffusione del senso di vuoto, della noia e della difficoltà (se non incapacità) di affrontarli facendo ricorso alle proprie risorse personali interne. Ecco che si tende a riempire immediatamente quel buco con qualcosa che possiamo trovare a portata di mano, nel più breve tempo possibile.

Il circolo della dipendenza

Il rischio di questo meccanismo è che vada ad innescare il cosiddetto “circolo della dipendenza” in cui: succede qualcosa di spiacevole-non riesco a contenere le emozioni negative-trovo qualcosa di esterno che mi “aiuta” a gestire quelle emozioni.

E il danno è fatto: perché la soddisfazione che provo da ciò che può essere un acquisto (ma anche dal mangiare o bere qualcosa, dall’andare a giocare ecc..) mi fa stare meglio temporaneamente, ma mi fa credere che quello sia l’unico modo per superare le difficoltà. In questo modo delego all’esterno una capacità che invece dovrei scoprire internamente.

Qual è il limite fra normalità e patologia?

Comprare ogni tanto qualcosa per ricompensarci o per farci “una coccola” non è sicuramente una tragedia, anzi. Quali sono allora gli indicatori di allarme che devono farci riflettere sulla possibile presenza di un problema?

  1. Gli acquisti si ripetono più volte a settimana: in media 3-4 volte alla settimana con un dispendio di tempo medio di circa 8 ore
  2. Non importa ciò che compro, ma il poter soddisfare un bisogno incontrollabile
  3. Il denaro che investo è eccessivo rispetto alle mie possibilità
  4. Fare shopping diventa qualcosa di irresistibile, anche so che non dovrei farlo perdo il controllo
  5. Se non posso comprare avverto ansia e frustrazione
  6. Nella fase di corteggiamento, cioè prima dell’acquisto, provo una sensazione di eccitazione e soddisfazione
  7. Quando arrivo a casa mi sento in colpa e provo senso di vuoto, tristezza e vergogna

Quali sono le caratteristiche di personalità e il contesto familiare dello shopper compulsivo?

Ovviamente non è possibile generalizzare perchè ciascuna situazione ha caratteristiche specifiche. Si alcune delle caratteristiche comuni a chi soffre di questo disturbo sono:

  • Basso livello di autostima
  • Forte senso di inadeguatezza
  • Difficoltà a tollerare la frustrazione
  • Impulsività
  • Tendenza al perfezionismo
  • Tendenza a fantasticare

Il contesto familiare di solito è un luogo in cui il bene materiale viene utilizzato come dimostrazione di affetto. “Se sei bravo ti compro…” è una delle frasi più ricorrenti. Le manifestazioni affettive sono scarse e l’educazione è spostata più sul versante materiale che su quello affettivo.

Trattamento dello shopping compulsivo

Il primo passaggio, fondamentale, è che la persona acquisisca la consapevolezza del problema.

Questo non è facile perché, come dicevo sopra, fare acquisti è un’attività lecita e il confine tra normalità e patologia può essere labile.

Inoltre, chi ne soffre tende a “personalizzare” gli oggetti (ad es. dire che quella maglietta era lì per me, sembrava che mi chiamasse…) spostando all’esterno la responsabilità del proprio comportamento di acquisto.

I trattamenti elettivi per questo problema sono:

1. Terapia individuale: che aiuta il paziente a riconoscere la vera causa del problema e il significato profondo del suo disagio

2. Terapia di gruppo: serve a contrastare il sentimento di solitudine e incomprensione che spesso vive chi soffre di questo problema e aiuta a riequilibrare l’immagine distorta di sé e del proprio comportamento.

3. Terapia farmacologica: nei casi più gravi serve a pensieri ossessivi e comportamenti impulsivi relativi agli acquisti.

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