Non sarà un po' di demenza? Psicoterapeuta Mele Vanessa Valsamoggia

Non sarà un po’ di demenza?


Differenze tra demenza, Alzheimer e invecchiamento normale

Spesso capita di sentire gli anziani che si lamentano di non avere più la memoria di una volta, di fare fatica ad imparare ad usare la nuova lavatrice o di impiegare più tempo a fare le cose. “Avrò un po’ di demenza senile” alcuni pensano, a causa dell’errata convinzione che i sintomi della demenza siano dovuti solo all’età.

È importantissimo precisare che l’invecchiamento sano e la demenza sono cose molto diverse!

Certo, è normale che con l’età diminuiscano alcune prestazioni e abilità. Si stima che dopo i 60 anni ci sia una perdita neuronale “fisiologica” del 5-10% ogni 10 anni, soprattutto nelle zone deputate alla memoria ed alla capacità di programmazione. Queste modifiche però sono stabili e non hanno un elevato impatto funzionale perché, solitamente, l’anziano riesce a compensare molto bene questi cambiamenti.

Cosa succede in un anziano sano?

  • Minore capacità di adattamento ai cambiamenti
  • Ridotta memoria episodica (di eventi specifici avvenuti nel passato) e prospettica (ricordarsi di fare delle cose)
  • Ha meno velocità di calcolo
  • Difficoltà nella programmazione e uso di oggetti nuovi
  • Calo dell’attenzione
  • Difficoltà a ricordare i nomi propri e a trovare la parola giusta
  • Fatica ad orientarsi in luoghi nuovi e complessi

Vediamo invece cosa succede in una demenza

Abbiamo un deterioramento globale, cronico, progressivo e acquisito, causato da un’insufficienza delle strutture cerebrali (atrofia cerebrale), che va ad alterare alcune funzioni cognitive:

  • la memoria
  •  il linguaggio
  •  l’orientamento spaziotemporale
  •  la capacità di compiere ragionamenti
  •  compromissioni nell’esecuzione di azioni complesse,
  • incapacità nel ricordare le procedure di azioni compiute quotidianamente
  •  l’attenzione

Queste alterazioni però, rispetto all’invecchiamento fisiologico, hanno un’entità tale da interferire sulla routine quotidiane del paziente, sulle relazioni sociali, sulla personalità e sul comportamento.

Ad esempio, un po’alla volta il paziente con demenza non ricorda più di avere fatto colazione, non riesce più ad apparecchiare la tavola perché non ricorda se deve mettere prima la tovaglia o i piatti, non sa a cosa serve il pettine, non riesce a capire le battute…

Negli stadi più gravi il paziente non riconosce più i familiari e dipende dai caregiver per la propria sopravvivenza.

L’anziano sano presenta, quindi, delle modificazioni delle funzioni cognitive che si differenziano da quelle di carattere PROGRESSIVO che intervengono nelle demenze

Esistono diverse forme di demenza, alcune ad esordio più precoce, altre ad esordio più tardivo (in età senile appunto).

Anche se ad oggi è la più diffusa, l’Alzheimer è uno dei sottotipi di demenza, caratterizzata da un deterioramento ingravescente delle capacità cognitive e dalla comparsa di disturbi comportamentali e dell’affettività che portano il malato ad una perdita dell’autonomia funzionale e all’impossibilità di mantenere rapporti con altre persone e con l’ambiente

Quali altre forme di demenza esistono?

Ci sono molte forme di demenza, di seguito ne cito solo alcune come esempi:

  • demenze frontotemporali (in cui il sintomo che compare per primo, solitamente, è la disinibizione o l’apatia)
    • Parkinson
    • Demenza con Corpi di Lewy
    • Corea di Huntington

Altre condizioni che possono causare demenza (in alcuni casi reversibili se eliminata la causa primaria) sono:

  • neoplasie cerebrali
  • idrocefalo normoteso
  • traumi cranici

La diagnosi di demenza viene effettuata solo dopo un accurato processo valutativo. Più è precoce e più permette al paziente e alla famiglia di ricevere l’assistenza adeguata.

Come funziona il nostro cervello e come mantenerci giovani?

Il nostro cervello è composto da cellule chiamate neuroni che comunicano attraverso delle connessioni chiamate “sinapsi”. E’ come se il nostro cervello fosse una chioma di un albero con tantissime ramificazioni; con l’età alcune di queste ramificazioni si “seccano” e le informazioni non riescono più a passare.

Nella demenza accade proprio questo: le connessioni più o meno gradualmente si interrompono, le cellule muoiono (per varie cause, a seconda del tipo di demenza) e la persona perde gradualmente la maggior parte delle funzioni cognitive.

La buona notizia è che si è scoperto che il nostro cervello possiede capacità riparative e rigenerative. Questa è la cosiddetta neuroplasticità, cioè la capacità di compensare l’inevitabile perdita di cellule nervose con l’intensificazione delle connessioni sinaptiche tra i neuroni superstiti.

Questo significa che, attraverso l’allenamento, posso costruire nuove ramificazioni che mi aiutino a mantenere la chioma dell’albero folta. In questo modo le informazioni continueranno a passare in modo più veloce e fluido.

Chiaramente, in caso di patologie degenerative ciò che si può fare è solamente cercare di rallentare il processo in corso.

In un’ottica invece di prevenzione e di invecchiamento sano è fondamentale cercare di mantenere giovane il nostro cervello!

Come? Attraverso attività sociali (teatro, cinema), sport, viaggi, lettura, settimana enigmistica e tutto ciò che più ci piace. Questo aumenta la nostra “riserva cognitiva”, cioè permette alla nostra chioma di diventare il più folta possibile e di farci rimanere cognitivamente più sani.

Non sarà un po’ di demenza?
Non sarà un po’ di demenza? Psicoterapeuta Mele Vanessa Valsamoggia