Resilienza: risalire sulla barca rovesciata | Mele Vanessa Psicoterapeuta Bologna Anzola Valsamoggia Calcara

Resilienza: risalire sulla barca rovesciata


Se cerchiamo sul vocabolario alla voce resilienza, compare la seguente definizione: “nella meccanica è la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi”.

In ambito psicologico non è molto diverso, possiamo definirla come: “la capacità di un essere umano di assorbire un urto senza rompersi e di autoripararsi dopo un danno”.

Ma è davvero tutto qui? Essere capaci di assorbire un urto? Autoripararsi dopo un evento traumatico o un periodo di difficoltà? Forse questo non è sufficiente a definire le risorse che noi esseri umani possiamo attivare e, soprattutto, a capire come possiamo fare. Perché altrimenti il rischio è di pensare che qualcuno sia più portato per farlo, magari qualcuno che è più ottimista degli altri, di noi.

L’etimologia della parola resilienza mi piace, invece, molto di più: con il verbo “resalio” gli antichi facevano riferimento al gesto di tentare di risalire sulle imbarcazioni rovesciate. L’atteggiamento di chi non perde mai la speranza, nonostante le avversità.

Il gesto di tentare di risalire, presuppone un’intenzione, un impegno e una speranza legata alla fiducia in sé, e questa si può acquisire.

Cosa può fare la differenza?

Modificare il nostro atteggiamento mentale, focalizzandoci su alcune riflessioni.

La resilienza prevede un atteggiamento mentale dinamico, è una combinazione tra la capacità di accettare lo stress e modificare la percezione di ciò che lo determina. Tutto questo continuando a credere che sia possibile cogliere dei significati anche dalle avversità.

La crescita post traumatica: come crescere dopo il terremoto

Esiste un fenomeno, chiamato crescita post traumatica, riferito da molti sopravvissuti a diversi traumi fisici e psicologici (terremoti, torture, violenze…). E’ presente anche in persone che quotidianamente vivono esperienze stressanti, come ad esempio prendersi cura di bambini malati, di anziani con patologie degenerative, chi ha una malattia cronica. La crescita post traumatica è un “cambiamento psicologico positivo come risultato di una lotta contro circostanze di vita altamente impegnative e sfidanti*”. Descrive l’esperienza di quelle persone che nel resistere alle circostanze, modificano lo stato in cui erano prima del trauma. Il cambiamento comprende anche il modo di valutare il mondo e se stessi. Questo permette loro di intraprendere un cambiamento positivo

Non è un fenomeno semplice da stimare, ma è piuttosto di quanto si pensi. Non serve quindi essere eroi per poterlo attivare, potenzialmente ciascuno di noi può farlo.

Questo non significa evitare le avversità come se non ne fossimo toccati, o rifiutarci di pensare ad esse. L’evitamento non è quasi mai, almeno a lungo termine, una strategia ottimale. Chi è capace di esercitare la resilienza è in grado di riconoscere contemporaneamente sia la sofferenza sia la possibilità di crescita collegata allo stesso evento traumatico.

Attenzione: non voglio dire che qualsiasi evento traumatico porti ad una crescita o abbia intrinsecamente qualcosa di positivo! Siamo noi a dover trovare qualcosa di buono e a dargli un significato. Se nasce qualcosa dalla sofferenza, da un momento difficile, ciò che determina la crescita risiede in noi. Sta nei nostri punti di forza, nei valori e nelle risorse che siamo riusciti a trovare, in come abbiamo scelto di rispondere difficoltà. Non c’entra nulla con il trauma, c’entra con noi!

La prima cosa da fare è riuscire a modificare il nostro approccio mentale (il cosiddetto mindset).

Come cambiare il nostro mindset?

Ecco un semplice esempio di come è possibile modificare il nostro approccio mentale alle esperienze passate. Proviamo a pensare a un evento stressante che abbiamo vissuto. Proviamo a concentrarci sui seguenti aspetti. Cosa mi ha aiutato a superarlo? A quali risorse personali ho attinto? Cosa mi ha insegnato? Mi ha reso più forte? Come?

Kelly McGonigal nel suo libro “Il lato positivo dello stress**” scrive: “Non si tratta di vedere tutto come Pollyanna e trasformare tutto il male in qualcosa di buono, ma è la capacità di cogliere ciò che c’è di buono quando affrontiamo situazioni difficili. E’ la capacità di vedere allo stesso modo il male e il bene associati al miglioramento dei risultati a lungo termine invece che focalizzarsi solo sui risultati positivi

Siamo troppo abituati a percepire gli ostacoli che troviamo per strada come indizi che ci suggeriscono di cambiare strada. Possiamo pensare che la strada intrapresa sia sbagliata, che non abbiamo individuato gli obiettivi giusti per noi. Questo “mindset” contribuisce ad aumentare la nostra insicurezza e a rinunciare alle nostre ambizioni. Tutti incappiamo in qualche ostacolo prima o poi, la differenza è data dal come reagiamo quando questo capita. Ciò di cui abbiamo paura o che ci sembra un limite insormontabile può rivelarsi invece un’opportunità per scoprire dentro di noi energie e risorse da cui trarre energia per andare avanti.

Uno dei primi passi da compiere per superare una situazione difficile o traumatica è riuscire a dargli un significato. Nietzsche diceva: Chi ha un ‘perché’ può resistere a qualsiasi ‘come’

*Calhoun L.G. e Tedeschi R.G. (2004), The foundations of posttraumatic growth: new considerations, Psychological Inquiry, 15 (1): 93 – 102;

** McGonigal, K. (2018), Il lato positivo dello stress. Giunti ed.

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